martedì 16 gennaio 2024

La casa di Biagio


LA CASA DI BIAGIO

I pellegrini di Palermo vanno, in lento sguardo di pensieri, di silenzi, verso Biagio;
un cammino quieto, accorato, tra i filari dei cipressi, fino alla sua casa.
Anche Gaspare è lì, in fila. La sua baracca a ruote è rimasta chiusa, nel garage: niente tepore di sfincioni, da vendere per oggi.
Parla, egli, tra il silenzio del viale, con un filo dolce alla mente, pensando a Biagio: a quelle guantiere calde, uscite dai pulmini, a quegli odori fumanti per Jaìl, Muusuh, all' alba, con le loro facce di ebano e di stenti; un pezzo di cartone per giaciglio, nel vecchio portico accanto ai binari. Sono molti, i viandanti, come parte di un assorto fiume, con un segno o un arabesco d' amore, ciascuno, serbato alle labbra. Hanno passi  in misura di adagi dolenti, ma sereni, dove il degrado, accanto, tra le magre rive dell' Oreto sembra non mostrare il suo senso di bellezza ferita, di luogo dimentico, avvezzo all' abbandono. 
Si va, insieme. Non fumano, i bracieri di stigliole, lá vicino, appese al ferro filato.
Anche Ignazino, ha chiuso la sua bottega sopra al marciapiede, per un giorno, ed è li', in cadenza uguale con gli altri, in lentezza, sotto quel celeste e terso cielo del mattino. 
" Passava sempre, fratello Biagio - racconta 'Gnazino -  E gli dicevo a lui se voleva una stecca cu i stigghiuola. Mi rispondeva di no, con i suoi occhi azzurri, bellissimi, persi tra risa gioiose, invitando  poi Ahmud, Ngibeh, e gli altri compagni ad assaggiarle.
Bisognava vederlo, Biagio, a guardare quei picciotti, con quelle mani nere, tese nell aria, contenti di quel mangiare in mezzo alla strada… "

Ci sono tanti pellegrini, intanto, sul piazzale da cui si erge la chiesa. Hanno il tempo di scorgere altri fratelli e compagni di Biagio là in schiera, come immagini di film che raccontano il dolore; alcuni di essi, seduti su grandi latte di vernice. Altri due in disparte, hanno al collo fazzoletti rosanero. 
"...  'U Napuli avi a Maradona…"  - parla il piu' giovane, Ninuzzo, a voce roca -  "...E nuatri avèmu a fratel Biagio..."
Si intenerisce, una signora accanto, al guardarlo, al sentirne quel suo moto d' orgoglio, quel guizzo fiero; di contro a una sua solitudine  come scolpita, provata sulla pelle, chissà da quali storie amare.
Il pensiero, in quel momento corre alla città, trent' anni dopo i balconi con le foto di Giovanni e di Paolo, campioni, e guerrieri anch'essi, in mente e in nome alla giustizia. E sembra il ritorno a un acclamare, sommesso ma vivo a un luogo che spera, che si avvinghia a questi santi in seno agli ideali, che ne custodisce i ritratti alle pareti o dentro al portafogli. 
E ora Biagio, qui. 
Icona dolce e forte della carità umana, del sostegno e del canto agli ultimi, da questa o d' altra latitudine, approdati a Palermo, per deserti o per mari. Biagio che va a piedi di gesti, di parole; che si nutre della polvere stessa dei sentieri, che digiuna, per amore a noi, al suo Cristo; che invoca, si dispera sulle bàsole nude, per un solo amico perduto…
Entrano i pellegrini, a trovarlo, a salutarlo, mentre egli dorme disteso nella pace. 

Ognuno si ferma, innanzi alla parabola d' oro di lui, racchiusa tra il dono dolce d' un pugno di istanti. E, a osservarlo, ora,  in quel battito di letizia, di dolore grande, sembra come un Gesuzzo scolpito in croce, scrutato, amato dalla gente, in un paese non lontano di balze e ginestre, dentro le grate di incenso e silenzi.  
Il suo incarnato di uomo d' oriente, il gesto strenuo, che giace nell' uscio socchiuso del morire, del risorgere. Tra l' uguale bocca che soffre e che svela, al contempo, i tratti, l'effigie, l'attesa brezza del sorriso. Tra la stessa sembianza, o speranza, di scorgerlo in specchio e in ritorno ai volti di quelli che amiamo. Quelli che sono accanto e vivono  oltre noi e che in ogni tempo, fosse a una spiaggia, a un cortile,  a un orto dietro alle case, di certo, o in desìo, 
incontreremo.

a.s. gennaio 2023 

In bonu pani...



Dintra a stu nvernu,  spersu di culuri
a terra sta a cuvari 'nu só sciuri.

E cca’,  in silenzi, crisci gia’ spiranza
du to' paìsi, 'n cori, a ttia, in sustanza.

Li sònnira d' un toccu di campana
d' un sciumi in sonu, ca pill' aria acchiana.

L'amuri, c' arrisèdi ntra a to' menti:
'n bonu pani,  spartutu cu la ggenti...

U tempu, in volu, movi dda’ u so cursu
comu acqua, in pàrmu di na manu, in sursu.

E tra u destinu, ‘n grembu a gh’ jorni e sìri.
va’ un cocciu di pinzèru, in mai murìri.


a.s. gennaio ' 24