mercoledì 11 luglio 2012

Papillon... (Un mattino di ottobre)




Petit hommage à Patrizia Pitrolo











                     

Sembrava come dipinta, l’ aria,  dentro a quel mattino di Ottobre, in quella striscia di strada tra il mare, il porto  e la città,  percorsa dalle ridda dei gabbiani, lì a decine a trafiggere l’azzurro, incerti, gli uni e gli altri,  se optare  per le linee delle grida o  quelle della danza.
Ci incamminammo dalla piazza del Conservatorio  per le strette vie del centro, percorrendo a passi che sapevano un po’ di vago e di ansioso gli esili spazi di luce guadagnati dal sole,  cadenzando e unendo il nostro andare con i disegni delle  bàsole ineguali  sul selciato, e le voci dei venditori mattutini.  
Osservavo lei,  ogni tanto, dinanzi al frastuono degli incroci,  sotto ad antiche case  che il nero dello smog rendeva così desolate e pure bellissime. Ammiravo la sua libertà di ragazza che le sembrava scritta tra le onde lievi dei capelli, dentro al suo  vestito di seta di colore blu ma soprattutto la sentivo vicina, per quel fluire  costante di pensiero che  già le pulsava fin dall’alba dritto alle tempie: il pensiero di un concerto da tenere, lei, da lì a poco, nel teatrino di una scuola.  Un concerto di pagine romantiche, con il suo proprio volo di sogni,  carezzato, cercato  fino a quel giorno con un qual senso  di atteso, durevole  e serbato timore, che potesse  ora, ad un  tempo,  prender vita e  farsi suono…
Apparve in scena, Patrizia, avvolta in un nugolo di ragazzi come lei, già felici, di per sé d’essere evasi a quell’ora  dal consueto grigiore delle aule, dalla prigionia dei libri, dai sguardi  seriosi  dei loro  professori.
Il tempo di un inchino.  Breve, pensato, studiato;  così come l’aveva preteso il maestro il giorno innanzi.  
E via. L’ attacco di Schumann, la corona di quel  re naturale  al basso, in ottava,  tra la magia d’un respiro sospeso … Ed il resto, poi, mano a mano,  come corde leggere che arpeggiano nel vento e farfalle, ed echi di feste, ed amori trascorsi tra le rive d’un fiume …
Seguitava a suonare, la nostra amica, e gli occhi dei ragazzi ora cominciavano a cercarsi, a interrogarsi forse di qualcosa  o ad essere presi da quelle note nuove, così belle, così lontane dai loro miti, mai raggiunte fino ad essi dalle radio e dai juke box; mentre qualcuno, tra   la calda  penombra della sala, già si baciava con una qualche rubata tenerezza, dietro ad  un pilastro.
Chissà se abbia visto, Patrizia, tra lo scorrere dei suoi suoni di quel giorno,   come in una  sorta di flash back inverso, anche solo una scheggia, una clip  breve della sua vita futura. La musica, l’umiltà, l’impegno, l’integrità,  la passione, il servizio. E il tutto senza venir meno al suo amato, sublime mestiere di donna e di madre.
Papillon, l’opera 2,  intanto, continuava il suo viaggio, le sue calde tempeste d’Estate, i suoi sussurri di memorie semplici,  di storie che mai si perdono, di canzoni mai sconfitte dalla notte...
Come quell’ultima danza, quel tre quarti  in Re maggiore da farsi al tempo IN UNO, e quell’epilogo lento, calmo, spianato al sereno.
Come i tuoi ultimi giorni.
E noi, al contrario di Schumann, non faremo echeggiare  ora,  per te,  nessun silenzio al rintocco delle sei, da scolpire nell’aria o sopra un tasto; nessuna alba che approdi a  un’ oblio, nessun sonno che vibri tra il nulla.
Riscriveremo  quella pagina stessa  che, semplice, conduca al tuo pensiero.
Una sorta di perpetuum mobile, un canone infinito,  un disco che si incanta, che mai rifugge dal suo solco.

                                                                                    Palermo,   19 luglio 2011



Patrizia Pitrolo