E ci appare magico, semplice, reale, spartire questa musica, poi, come un cibo, un boccone di rondini, reso lieve ai loro piccoli.
martedì 24 giugno 2025
Piano Day al Conservatorio di Palermo
E ci appare magico, semplice, reale, spartire questa musica, poi, come un cibo, un boccone di rondini, reso lieve ai loro piccoli.
domenica 8 giugno 2025
Piccolo ritratto per Antonio Osnato.
A che valgono i nostri passi, oggi, ad approdare fino a qui, in Conservatorio. Accanto al portale di questo luogo, pervaso dall’ aria del mare, dai segni della sua storia…
A che vale l’uguale tragitto di un gentiluomo d’ altri tempi: questo giungere tra noi, col suo bastone in cadenza ai gesti, in carezza alle basole immote, lungo questa strada che racconta la vita, la citta’...
La ragione, il nesso, il senso del noi essere qui, sta in un solo termine: lesto, breve, ma di tante, ben quattro sillabe, comprese di radice, suffisso, desinenza. Una parola, che dal greco spiega, in un sol tratto, l’arte del compiere, del fare. Poiès: un muovere, un fiorire di labbra in sposo al suo astratto femminile che si fonde in un unico suono: poesia.
Antonio Osnato, sui pietrai nudi o tra le spiagge feconde del suo vivere ha nutrito la prosa, i versi, come propri esseri in legame di sangue; in un vincolo di affettuosa, costante, sacra dedizione. Scorgene di essi il prender vita come esili germogli nei mattini, o come fuochi, all’ annegare del sole.
O altro. O piu’.
Se ne traducono messaggi, aforismi, metafore visive, scolpite, immaginate per dove abbia dimora un cuore: di uomo o di donna che ascolti, che muti il proprio volto all’arrivo di incise assonanze, di turbamenti accesi, o di risa festose in seno agli occhi.
Al pari delle facce di un diamante, per un poeta quale è Osnato non esiste spazio, o angolo o materia che non possa rimanere inesplorata ad acclamare una luce. Il bisogno di battito, o attimo da non essere vissuto o cantato nel petto. Dentro la sua meta di pace o fervore; o in piega ad ombre di tristezza nuda o nella falce splendente blandita per ferire il male.
Egli, dentro a una fierezza in voce al tempo, dà sempre sguardo ai suoi libri, all’ arco dei suoi scritti, in calda misura d’ un padre; ad accendere pensieri, a incuriosire, a sferzare ai guisa di una lama sulla pelle, a spiegare amarezze a disvelare verità, per deformazione intrinseca, o per passione d’una intera vita, a ricercare il giusto. Se ne evince allora il dipinto di un uomo, dal lignaggio sincero. Anche controverso, in talune sue pieghe ma, in quanto uomo, degno di essere tale.
Sulle cose, è il navigare della dimensione umana che affiora ad ergersi; in foggia di vele ampie, generose, in rotta felice a frasi, a parole.
Se ne trae, allora, la scena di un magico sacco, per noi. Con dentro una rosa, un oggetto, una fiaba che parli d’ amore, sottratta, a nude mani, dal vuoto, dal nero sipario del silenzio. Con l’ intento alla fine in sé, di perseguire, dall’ arte, i tratti, il segno di un granello vivo che chiami alla bellezza. La goccia ultima a trarne linfa. Giunta fin lì. Per dono di Dio.
lunedì 2 giugno 2025
Canto per Gaza (A Rashid)
domenica 4 maggio 2025
La tragedia di Superga ed i funerali del Grande Torino, "La Settimana In...
Il valore delle antiche cronache. Il vuoto di oggi.
domenica 19 gennaio 2025
Immagino i tuoi baci
domenica 1 dicembre 2024
Quel sorriso, come giunto dal mare. (ricordo di Vitalba Petruso)
“ …Dintra a sta solitudini prufunna
lu màrmu eni cchiù friddu di la nivi…”
(G. Mazzola Barreca)
Rimaniamo qui,
scrutando, pensando al bilico tra la bellezza e il dolore, alle opposte sembianze dell’una e dell'altro, di una luce avuta per noi e negata agli occhi, a un volgere di istante.
Vitalba, è un nome che evoca il tuo incanto. L’ esistere che sorge, in lustro a te come donna, moglie, madre, come quello che sei stata.
Colta, maestra, leggiadra; dentro a quel sorriso come giunto dal mare, che varcava le finestre, e ci rendeva muti, nella tua aria accanto, sia che fosse di vastita’ o di parole.
Tu, compagna in classe, da Vincenzo Mannino, compagna e a tua volta insegnante. Con la musica, in giungerci ed espandersi di storie, elzeviri, quieti sortilegi, dentro a un fiume di memorie vive, da te, scaldate al cuore, prima e sempre. Se ci chiedessero dove il fascino, con il suo strascico dipinto tra le cose, avesse per sé un proprio luogo o giaciglio risponderemmo con le sole tre sillabe, a chiamarti. Oppure, con le fiaccole a dar spazio o a render calda qualunque tua dimora.
Era bello, scorgerti, Vitalba, tra quelle molte sere ebbre delle tante stelle; poichè la grazia e la scena che ponevi intorno, recava, allora, il senso e il cerchio d’ ogni paga e avuta tua bellezza.
Era edificante, d’ un uguale modo, il tempo dello stare insieme, il tuo spartire ciò che avevi in petto, per quelli a te cari. In primis il tuo uomo, le tue figlie. E noi amici e discepoli. Dentro a quell' andare cadenzante, che appariva alla tua voce. In dono atteso, sopraggiunto, come innanzi a un trepido muovere di foglie.
Ora, che da te ci pervade l’ assenza di un solo germoglio di suono, ogni cosa daremmo pur di un suo ritorno, d’un suo acerbo rinascere. Fosse un vento o una brezza che ridisegni, tra le sabbie, lo stupore dei tuoi tratti, Vitalba. O un raggio tra i mattini pervadersi di te. O un bussare redento di affetto. Per noi, ancora giungere adagio, dall’ aula 24.
a.s. dicembre 2024
In ricordo di Vitalba Petruso, allieva di Vincenzo Mannino, pianista e insegnante al Conservatorio di Palermo.
Un caro abbraccio alle sue figlie Letizia e Emily.