Il Lungomentraggio musicale, a 10 anni dalla sua prima proiezione, finalmente sul Web.
Isnello, Chiesa Madre / Palermo, Politeama Garibaldi / 27 e 28 Aprile 2002 - Youtube (Ch. RicercheVisive), Aprile 2012
Isnello, l'antica Menzil al Hamar, quattro anime di case sopra una rocca di euforbie e ginestre; con un magro fiume al suo grembo, percorso dal solco dei millenni. Qui, tra le Madonie e il mare non lontano, un giorno di festa, sacro e gioioso, ritesse ogni anno il suo esile filo di storia; la sua trama sottile di riti e di suoni , in grembo al primo mattino di Maggio...
Una nuova e curata edizione per il Web, ad episodi, sotto la mano attenta di Marco Fazio, giovanissimo musicista e allievo all'Accademia delle Belle Arti di Palermo, ci consente di poter rileggere la musica e le immagini di un lavoro assai caro a chi vi scrive. Canto di Maggio è stato uno spartiacque che ha segnato in modo assai durevole la mia esperienza creativa di questi anni; capace di coniugare, con un protratto e quasi irrimediato slancio, l' amore verso la musica con il racconto dei luoghi a cui appartengo. Nel rivederlo dopo tanto tempo ho sentito dissolversi pian piano la coltre di polvere che si era fatalmente adagiata sui tanti episodi e sulle memorie vissute e nutrite allora, durante il periodo delle riprese. Fra queste, oltre al cullante incedere della vara del Cristo tra i vicoli del mio paese, vorrei preferire senz'altro, dalla clip III, lo schiudersi di un sorriso di ragazza, acclamante di luce, tra le persiane di un balcone. Talmente bello, col suo propagarsi per l'aria della festa, da sembrare pressochè infinito: come fosse un respiro sospeso dentro al suono. In sfida, quasi, al naufragare perenne, ineludibile dei giorni, tra le sembianze del vivere.
Ciao, Annalisa.. ...
Ricordo con chiarezza quel giorno del 2002 in cui, su invito dell’amico di una vita, mi recai al Teatro Politeama: un grande afflusso di pubblico per un grande spettacolo.
RispondiEliminaPure non ne rimasi soddisfatta: i miei studi di antropologia culturale, allora freschissimi, e la conoscenza delle regole della ricerca antropologica, dovevano avere influito parecchio sul mio giudizio, essendo questo lavoro basato sul recupero di un canto di tradizione.
Si fissò nella mia memoria l’intervento della voce grave, partecipe, di Michele Placido più che le immagini e la musica e il rapporto fra esse.
Rivedo adesso Canto di Maggio in un contesto e con stati d’animo differenti da allora.
Una dimensione più piccola, quella del mio pc, mi consente un approccio privato, direi quasi intimo.
Ed ecco che comprendo.
Via via, dal primo al diciottesimo video si snodano le immagini, i suoni, l’unità; il Preludio di Cavalleria si alterna alla Frottola, le immagini della natura a quella dei vicoli e degli uomini (bellissimo il succedersi del rosso della “sudda” a quello dei maglioncini rossi delle Voci Bianche).
Le immagini, note, mi appaiono nuove. E del tutto nuovo è ciò che mi comunicano. Perché questa è la prima e più importante funzione di questo video: comunicare. Non di ricerca antropologica si tratta infatti, ma di arte.
E per comprendere a fondo bisogna conoscerne l’autore, così come si fa per qualunque opera d’arte.
“Siciliano d’Isnello” si legge sempre nei curricoli del Nostro, “vengo da Isnello” sempre ci dice nel presentarsi o, quasi un intercalare, per spiegare certe sue scelte o pensieri che si rifanno alla sua matrice culturale.
Quella Isnello che gli ha dato i natali in quella prima notte di Maggio mentre passava la banda e mentre il nonno, che suonava il clarinetto, si fermava per un attimo a chiedere come fosse andato il parto. Un destino in una nascita.
Quella Isnello che, lungimiranti, i genitori di Antonio hanno lasciato per consentire al figlio di compiere i suoi studi al Conservatorio di Palermo.
E di ritorno continuamente reiterato al proprio paese si tratta, con l’animo e nei fatti; ultimi le severe prove con il coro Anima Gentis; e di omaggio umile. Che consente ad Antonio, a fianco dei palcoscenici dei teatri, di recuperare, e valorizzare, il ricchissimo patrimonio della mai “semplice” musica scritta per il popolo, e di darle vita nelle piazze del suo paese, insieme alla sua gente. Con un’operazione finissima di bulino, che serve la Musica con amore, dedizione, misura.
Ecco cosa leggo allora in Canto di Maggio: un’opera in cui Sottile realizza, e ci dice, l’unità del suo essere uomo e musicista, e il suo credo più profondo.